

State ascoltando una sequenza tratta dalla Cavalleria
Rusticana di Pietro Mascagni


L'UNITA' DI RIABILITAZIONE CARDIOLOGICA
comprende:
Il Laboratorio di Ergometria
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La Palestra
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Il Dr. Enzo Mantovani,
Dirigente di Struttura Semplice di Cardiologia Riabilitativa,
P. O. Camposampiero
(clicca sulla foto per ingrandire)


L'équipe dell'Unità di Riabilitazione Cardiologica: il Dr.
Enzo Mantovani, il Dr. Francesco Campisi e le infermiere
fisioterapiste Antonella e Zoia.

 
Prima di passare alle pagine sopra indicate, vi invito a leggere l' interessante
excursus storico-informativo sulla Cardiologia Riabilitativa riportato qui sotto
e... non solo.



CARDIOLOGIA
RIABILITATIVA

Anche se è difficile identificare il Padre della Riabilitazione Cardiologica,
sappiamo che Asclepiade sicuramente già nel 174 a.C. prescriveva esercizi per le
malattie della circolazione. Più recentemente William Stoker nel 1854 a Dublino
sosteneva la validità del
movimento precoce, dell’esercizio fisico e della
deambulazione nei pazienti cardiopatici e Max Oertel a Monaco di Baviera nello
stesso periodo prescriveva a se stesso, vittima del “Cuore Adiposo”, e ai suoi
pazienti limitazioni di liquidi, camminate e passeggiate. In quegli anni,
comunque, il pensiero che più influenzò il mondo medico fu quello di John Hilton
tramite il suo “Riposo e Dolore” (1878), in cui affermava la validità del riposo
prolungato a letto per la maggior parte delle patologie.
Solo diversi anni dopo Osler, nel suo libro “Principi e Pratica della Medicina”
(1914) riaffermava che “l’elemento più importante ai fini riabilitativi è
l’esercizio fisico graduato non in piano ma in salita con diversi gradi di
pendenza. La distanza percorsa ogni giorno viene registrata e gradualmente
incrementata. In tal modo il cuore viene esercitato e rinforzato in maniera
sistematica”. Il riposo prolungato a letto continuò purtroppo ad essere comunque
ritenuta la migliore terapia per il cardiopatico ancora per diverso tempo e solo
negli anni ‘40 Harrison (1944) richiamò l’attenzione sull’abuso di tale
procedura e Master e Dock (1940) introdussero il concetto di riabilitazione dopo
occlusione coronarica. Finalmente Levine e Lown (1951) introdussero l’ormai
famoso uso precoce della “poltrona” dopo infarto miocardico avendo constatato
come l’allettamento prolungato si associasse più frequentemente a grave
indebolimento muscolare, rimodellamento della matrice ossea, riduzione della
performance cardiocircolatoria, aumentata frequenza di fenomeni tromboembolici.
Dopo pochi anni White (1957) pubblicò il testo “Riabilitazione del
cardiopatico”, mentre Cain (1961) descriveva i primi programmi di attività
fisica controllata dopo infarto miocardico.
Lo sviluppo storico della Cardiologia Riabilitativa ad approccio omnicomprensivo
multifattoriale, non limitata al solo training fisico, si deve alle iniziative
del Council della Federazione Internazionale di Cardiologia e dell’Ufficio
Europeo della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che negli anni ’70
organizzarono numerosi meeting nel corso dei quali vennero delineate le
raccomandazioni per la valutazione e riabilitazione dei pazienti infartuati. A quell’epoca risalgono in Italia i primi approcci riabilitativi nei soggetti
infartuati da parte del gruppo di Vincenzo Rulli a Roma. Sorti successivamente i
primi centri sia degenziali che ambulatoriali, nel 1978 venne fondato il Gruppo
Italiano di Valutazione Funzionale e Riabilitazione del Cardiopatico (GIVFRC) la
cui denominazione attuale è Gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa e
Preventiva (GICR). Recentemente (1999) una commissione mista ANMCO (Associazione
Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri) – SIC (Società Italiana di Cardiologia)
– GIVFRC ha precisato linee guida, standard operativi con verifica e revisione
della qualità (VRQ) per la Riabilitazione Cardiologica, anche alla luce dei
modelli organizzativi del Working Group della Società Europea di Cardiologia
(ESC) e delle direttive del Ministero della Sanità.
Le malattie cardiovascolari sono sicuramente la causa principale di morte in
tutto il mondo; recenti dati epidemiologici sottolineano un’emergente “epidemia”
di patologie cardiovascolari nei paesi sviluppati, legata a sfavorevoli
variazioni nello stile di vita delle persone, tali da favorire la malattia aterosclerotica coronarica
(come pure d’altro canto le neoplasie). Il peso sociale ed assistenziale delle
malattie cardiovascolari è notevolmente cresciuto, tanto che i recenti Piani
Sanitari Nazionali hanno dato particolare enfasi a misure di prevenzione e
riabilitazione sollecitando organi locali a sviluppare programmi di intervento
nel tentativo di limitare un apparentemente inevitabile incremento di morbilità
e mortalità cardiovascolare.
Il concetto di riabilitazione cardiovascolare ha vissuto negli anni una rapida
trasformazione in relazione a nuove situazioni cliniche quali l’aumento di
cardiopatie croniche legato alla riduzione di mortalità in fase acuta e postacuta, nè va dimenticata la riduzione dei tempi di degenza ospedalieri.
Il
decorso delle malattie cardiovascolari è in genere di lunga durata con fasi di
instabilità non sempre prevedibili per cui è assolutamente importante ridurre o
abolire tutti i fattori di rischio responsabili della progressione della
malattia, specie in pazienti a maggior rischio che necessitano di un maggior
impiego di risorse. A questo riguardo, sono ormai noti gli effetti favorevoli
della riabilitazione cardiologica e della prevenzione (interventi a costi
contenuti e ad elevata resa); essi principalmente comprendono:
- Riduzione
della mortalità, soprattutto di morte improvvisa, nel primo anno dopo infarto
miocardico.
- Miglioramento
della tolleranza allo sforzo, dei sintomi di angina e di scompenso.
- Miglioramento
del profilo di rischio cardiovascolare.
- Migliore
qualità di vita.
- Più
frequente ritorno al lavoro.
- Maggiore
autonomia funzionale con riduzione della dipendenza e della disabilità.
Possiamo definire la riabilitazione dei
pazienti con malattia cardiovascolare come la
“Somma di interventi richiesti per garantire le migliori condizioni
fisiche, psicologiche e sociali in modo che i pazienti con cardiopatia cronica o
post-acuta possano conservare o riprendere il proprio ruolo nella società”.
La riabilitazione cardiovascolare, combinando la prescrizione dell’attività
fisica con la modificazione del profilo di rischio dei pazienti mediante
programmi educazionali indirizzati al cambiamento dello stile di vita
(abolizione del fumo, dieta appropriata, controllo del peso corporeo, dello
stato d’ansia e della depressione) ha come fine ultimo il mantenimento della
stabilità clinica in modo da ridurre l’incidenza di successive recidive e le disabilità conseguenti. Molteplici sono le figure professionali coinvolte nella
realizzazione dei programmi: cardiologo, infermieri professionali,
fisioterapisti, dietista, psicologo ed altre pertinenti spesso in qualità di
consulenti. E’ sicuramente utile la collaborazione dei medici di famiglia per
realizzare compiutamente le strategie di prevenzione secondaria.
Le
indicazioni alla riabilitazione cardiovascolare prevedono numerose tipologie di
pazienti, alcune un tempo, a torto addirittura escluse:
1)
Pazienti con cardiopatia ischemica
-
post-infarto miocardico
-
post by-pass aorto-coronarico
-
post angioplastica coronarica
-
cardiopatia ischemica stabile
2)
Pazienti sottoposti a chirurgia
valvolare cardiaca
3)
Pazienti con scompenso cardiaco
cronico
4)
Pazienti con trapianto di cuore o
cuore-polmone
5)
Pazienti operati per cardiopatie
congenite
6)
Pazienti con arteriopatia obliterante
cronica periferica
7)
Pazienti portatori di pacemaker o di
defibrillatori.
Non esistono
controindicazioni all’intervento riabilitativo nella sua globalità. Le
limitazioni devono essere riferite al solo training fisico e non alle altre
componenti del programma e contemplano essenzialmente situazioni di instabilità
clinica del paziente o labilità di compenso, comunque proprie della fase acuta
di malattia.
Storicamente
la riabilitazione cardiologica ha sempre conosciuto tre fasi temporali
d’intervento:
-
1°
fase (fase acuta di malattia):
mobilizzazione precoce e impostazione del programma educazionale.
- 2° fase (post-acuta): programma
intensivo della durata di alcune settimane. 
-
3° fase (mantenimento): interventi a
lungo termine per tutta la vita.
Attualmente
si distingue più appropriatamente in base alle condizioni di rischio del
paziente e alla complessità, intensità e durata dell’intervento in:
Riabilitazione intensiva:
interventi rivolti a pazienti a rischio medio-alto in fase acuta e post-acuta
della malattia e alla periodica rivalutazione a lungo termine di pazienti ancora
ad alto rischio. E’ prevalentemente riabilitazione in regime
degenziale.
Riabilitazione
intermedia: interventi
indirizzati a pazienti a rischio medio-basso nella fase post-acuta e
alla rivalutazione periodica a lungo termine in pazienti a medio e alto rischio.
Viene svolta sia in strutture residenziali sia in strutture ambulatoriali.
Le fasi intensiva ed intermedia
corrispondono alla 1° e 2° fase tradizionali.
Riabilitazione estensiva:
mantenimento a lungo termine in pazienti a basso rischio. Corrisponde alla 3°
fase. Può essere del tutto autogestita dal paziente
come pure organizzata da
associazioni di volontariato (club coronarici), coordinate dal cardiologo
riabilitatore, con verifiche periodiche presso la struttura riabilitativa
ospedaliera di
 riferimento. In questa fase è importante che il paziente, conscio
della propria stabilità clinica ottenuta tramite l’ottimizzazione della terapia
ed un adeguato stile di vita mirato alla riduzione dei fattori di rischio, abbia
consapevolezza di poter realmente autogestire il proprio programma riabilitativo
senza la necessità di un costante supporto sanitario ravvicinato.
Presso la U.O. di Cardiologia dell’Ospedale di Camposampiero è attiva una
Struttura di Cardiologia Riabilitativa in regime ambulatoriale o day-hospital,
in grado
di rispondere alle esigenze riabilitative della fase post-acuta
(intensiva e intermedia) ed ai periodici
controlli (estensiva); l’attività è al
mattino, trisettimanale e prevede oltre al training fisico individualizzato alle
singole esigenze dei pazienti, interventi educazionali mirati alla modifica dei
fattori di rischio coronarico (Diabete Mellito, dislipidemie, ipertensione
arteriosa, fumo, sovrappeso, sedentarietà, stress) per un più corretto stile di
vita.
Per
la riabilitazione estensiva è stata fondata a supporto, nel 1997,
l’Associazione Amici del Cuore di Camposampiero e della Strada del Santo.
Dr. Enzo Mantovani, Cardiologo
Responsabile Cardiologia Riabilitativa
P.O. Camposampiero

LA
CARDIOLOGIA RIABILITATIVA E’ IL VALORE AGGIUNTO IN PREVENZIONE SECONDARIA!
Se leggiamo la definizione
di Riabilitazione Cardiologia troviamo scritto: “Somma degli interventi
richiesti per garantire le migliori condizioni fisiche, psicologiche e sociali
in modo che i pazienti con cardiopatia cronica o postacuta possano
conservare o riprendere il proprio ruolo nella società”.
La Cardiologia Riabilitativa ha
quindi sempre albergato in sé due componenti fondamentali che ne
caratterizzano l’attività di recupero del cardiopatico: una dedicata alla
ripresa della capacità funzionale, incentrata sul training fisico; un’altra, di
tipo educazionale, destinata alla modifica di fattori di rischio e di errati
stili di vita, vero intervento di prevenzione secondaria; si tratta di
interventi di lunga durata.
Quello che dall’esterno, dai “non
addetti ai lavori”, si è voluto spesso unicamente vedere era la sola attività di
palestra, che è ancora da qualche osservatore superficiale addirittura
considerata l’unico intervento effettuato.
All’interno delle struttura di Cardiologia
Riabilitativa, invece, da tempo si è progressivamente dedicato sempre più spazio
alla componente educazionale, preventiva; all’attività di palestra, si sono
affiancati interventi di educazione sanitaria, educazione alimentare, gestione
dello stress, rilassamento

muscolare, con l’intervento del Cardiologo, dell’
Infermiere Professionale, del Dietista, dello Psicologo. In questo modo la
combinazione di riabilitazione e prevenzione secondaria dovrebbe diventare lo
standard di cura nei pazienti con malattia coronaria, come di recente
caldeggiato da illustri Cardiologi a livello internazionale.
Ma perché? La risposta sta
nella presenza del training fisico, la componente che maggiormente caratterizza
e differenzia la Cardiologia Riabilitativa rispetto a qualsiasi altro tipo di
intervento “solo educazionale” quando si vogliano proporre modelli ed azioni di
prevenzione secondaria.
La Cardiologia
Riabilitativa diviene pertanto sicuramente il “Valore Aggiunto”
in prevenzione secondaria appunto per la possibilità di offrire una importante
componente che altri non possono dare: il training fisico. Sono noti gli
effetti favorevoli dell’attività fisica sui più importanti fattori di rischio
cardiovascolare quali diabete mellito, dislipidemia e sul versante
emostatico-coagulativo, che vanno ben oltre il semplice miglioramento della
capacità funzionale (resistenza allo sforzo); è pure documentata la riduzione di
mortalità e morbilità.
L’efficacia dell’intervento
combinato di training fisico ed intervento educazionale sulla riduzione della
progressione della malattia coronarica è stata dimostrata in infartuati, in
operati di by-pass aorto-coronarico, in soggetti sottoposti a PTCA ed anche in
semplici anginosi, ribadendosi come l’effetto benefico sia largamente legato ad
attività fisica regolare mantenuta nel tempo; la riduzione della mortalità
totale è pari al 27 % mentre quella cardiovascolare raggiunge il 31 %.
Il training fisico è quindi
il perno, il mozzo della ruota e tutti gli interventi aggiuntivi sono i raggi,
non perché secondari o meno rilevanti, ma solo unicamente perché in grado di
ruotare attorno all’attività fisica, venendone ottimizzati; l’attività fisica,
oltre ai risultati clinici e prognostici favorevoli diretti, migliorando il
benessere soggettivo del paziente lo può rendere più disponibile ed interessato
a recepire e digerire il programma educazionale nelle sue varie componenti
preventive.
Va ancora ricordata
l’importanza della frequentazione continua
presso la struttura riabilitativa,
vera continuità assistenziale che consente l’ottimizzazione della terapia dopo
la dimissione dalla fase acuta, per così dire “in corso d’opera”, ne soppesa gli
effetti sia a riposo che durante l’allenamento, con particolare riguardo alla
stabilità clinica del paziente (compenso, angina), al comportamento dei valori pressori, ai valori della glicemia e all’assetto lipidico.
La particolare organizzazione di
lavoro delle strutture di Cardiologia Riabilitativa propone quindi tale modello
come il più qualificato per impostare efficaci programmi di prevenzione
secondaria.

Possiamo pertanto sicuramente
affermare che la Cardiologia Riabilitativa è il Vero Valore Aggiunto in
Prevenzione secondaria.



Dr. Enzo Mantovani, Cardiologo
Responsabile Cardiologia Riabilitativa
P.O. Camposampiero


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